mercoledì 13 giugno 2007

Ritorno al passato

Perfettamente azzeccato il titolo di Menabonews ieri mattina: Rapallo, ritorno al futuro. Perché il risultato elettorale di Rapallo altro non è stata che la stanca ripetizione di un rituale che si perpetua ormai dalla fine della guerra (la II guerra mondiale): la vittoria elettorale della balena bianca. Capurro tre anni fa era stato un’eccezione.
Conoscenza del territorio, presenza nelle varie associazioni locali, rapporto stretto con l’elettorato sono alcuni degli elementi che hanno contribuito a questo risultato. Possiamo trovarne altri, più oggettivi? Voglio dire, nei cromosomi di Rapallo c’è scritto questo dominio moderato?
Proviamo a ragionarci sopra: il 46 per cento delle abitazioni di Rapallo sono seconde case, abitate solo per alcuni periodi dell’anno. Quindi Rapallo, con una popolazione residente di 30.000 abitanti, in realtà ha servizi per una popolazione ben superiore; più negozi, più artigiani, in sostanza più partite Iva. In termini elettorali questo significa che il bacino elettorale del centro-destra è più ampio che in una città analoga, a Chiavari, ad esempio, le seconde case sono solo un quarto dell’intero patrimonio abitativo.
Inoltre molte di queste partite Iva devono rivolgersi di frequente all’autorità comunale per aspetti della loro attività: ottenere una licenza, mettere un’insegna, aprire un dehors, ottenere un passo carrabile. Prima della riforma della dirigenza pubblica, con le leggi Bassanini nella seconda metà degli anni novanta, questo voleva dire presentare la richiesta direttamente al politico amministratore pubblico…
Ma questa spiegazione non è sufficiente. Guardiamo la storia recente: Rapallo non ha mai avuto non dico fabbriche, come a Sestri Levante, ma neanche attività commerciali di un certo livello che abbiamo permesso l’affermarsi di una borghesia produttiva, come a Chiavari. E neanche una flotta peschereccia come a Santa Margherita Ligure.
Il borghese di Rapallo è stato un bottegaio, nel senso letterale della parola, o un emigrato di ritorno, l’imprenditore non è mai andato oltre l’impresariato, cioè il costruttore di case. E’ quindi mancata una coscienza di sé e della propria forza, soprattutto è mancata l’affermazione di valori nuovi e moderni rispetto ai valori tradizionali della società. La città non è stata in grado di esprimere intellettuali che si potessero inserire nei grandi filoni del momento, ma che – al contrario – hanno limitato le loro ricerche agli avvenimenti e soprattutto alle fonti locali.
Si comprende allora il forte radicamento dell’aspetto religioso rispetto ad altre città della riviera. Religioso in senso molto ampio, i fuochi d’artificio, le celebrazioni – non solo religiose – per Montallegro. I politici, prima della D.C. e poi del centro destra, in questo ambiente si sono mossi molto abilmente, traendone voti e influenza.
E sono state le organizzazioni religiose che hanno raccolto i rampolli della piccola borghesia locale, li hanno formati intellettualmente, li hanno indirizzati, naturaliter, verso i partiti moderati.
In questo ambiente la sinistra politica ha sempre rappresentato un mondo alieno; alla sinistra appartenevano le famiglie operaie, dove operai significava quasi esclusivamente muratori. Ma era, appunto, un altro mondo, estraneo ai valori dominanti nella città.
Le dimensioni della maggioranza moderata sono sempre state imponenti: se negli anni cinquanta voleva dire oltre la metà dei voti, gli anni settanta e ottanta hanno visto erodere questo zoccolo di molto poco. Per riprendersi tutto nel 1990 quando la D.C. ha raggiunto il 50 per cento dei voti e 19 consiglieri comunali su 30.
Domenica scorsa ha rappresentato un continuum con il passato, e ben ha fatto l’ancora candidato sindaco ad annunciare un assessorato alle tradizioni, perché anche sulle tradizioni ha raggiunto il suo risultato.

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