Nel dicembre 1971, come in questi giorni, si parlava dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Terminavano i giorni della presidenza Saragat, il presidente del centro-sinistra, in un'Italia percorsa dalle dimostrazioni e dall'inizio della stagione della violenza politica. Ma non è di questo che vogliamo parlare. Piuttosto, descrivere com'era diverso seguire quell'elezione.
Era, quella dei primi anni settanta, un'Italia dove la radio e la televisione erano una esclusività RAI, dove l'informazione politica era centellinata e controllata dal partito di maggioranza relativa, la Democrazia Cristiana. Ma era soprattutto un'informazione che, soprattutto per quanto riguarda la politica interna, era limitata ai comunicati ufficiali e alle dichiarazioni dei leader del momento.
Certamente, c'erano i giornali, delle varie tendenze, c'erano i giornali di partito, c'erano i bollettini ciclostilati dei gruppi e gruppuscoli politici. Chi voleva essere informato lo era. Ma, giustamente, a volte per informarsi ci voleva il suo tempo.
Nel 1971 chi scrive queste righe aveva diciott'anni, frequentava il liceo e, come era comune a quei tempi, era molto interessato alla politica. Leggeva il giornale che papà portava a casa, ascoltava la radio, a volte guardava il telegiornale, leggeva perfino un settimanale politico. Si riteneva informato.
Poi, nel dicembre 1971, il Parlamento in seduta comune iniziò le votazioni. La televisione trasmetteva le lunghissime sedute, gli altrettanti lunghi spogli, ma questo allo studente interessava poco. Comprendeva che prima delle elezioni venivano le trattative, gli incontri, le dichiarazioni più o meno ufficiali, che la televisione di Stato non riportava. Il giornale che papà portava la sera aveva ottime cronache, Vittorio Gorresio ogni giorno vi scriveva articoli che in seguito sarebbero stati considerati una lezione di giornalismo. Ma arrivavano a casa la sera, cioè quando ormai un'altra giornata era trascorsa e quelle cronache erano state superate dagli avvenimenti della nuova giornata. C'erano, è vero, i giornali della sera, ma non era abitudine comprarli, e poi si trattava di giornali dove la cronaca, meglio se nera, aveva sempre la prevalenza sulla politica.
Lo studente diciottenne però aveva una risorsa che nel 1971 aveva ancora una sua frequenza d'uso, una vecchia radio a valvole. E tutte le sere, alle sette e un quarto, si sintonizzava sulla frequenza di Monteceneri, così diceva la scala parlante, cioè la radio della Svizzera Italiana che trasmetteva da Lugano. A quell'ora il radiogiornale apriva immancabilmente con le notizie da Roma, un corrispondente, che poi era un giornalista italiano la sui firma appariva su un quotidiano nazionale, dava conto degli avvenimenti della giornata, soprattutto di ciò che la RAI non riportava.
Ancora qualche anno e, nell'estate del 1975, la Corte Costituzionale avrebbe sancito la nascita delle radio private in ambito locale. In poco tempo le notizie avrebbero inondato gli italiani, e ascoltare una radio straniera per sapere cosa succedeva da noi non sarebbe più stato necessario.
(Nella foto, l'antenna della Radio della Svizzera Italiana negli anni Ottanta, a Cima di Dentro, sopra Monteceneri. Nel 1971 però la radio trasmetteva ancora dal vecchio impianto, di cui non sono state trovate foto).